Aspetti giuridici, politici e del diritto internazionale sulla titolarità della presidenza venezuelana
Juan Guaidò, già Presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana, si è autoproclamato (in piazza) Presidente ad interim sino alle prossime elezioni ricorrendo a una procedura astrattamente prevista dalla Costituzione venezuelana: nel caso in cui il Presidente eletto (Nicolas Maduro) risulti “impedito permanentemente”, ne assume le funzioni il Presidente dell’assemblea nazionale, ovvero Guaidò stesso.
Il presupposto del ragionamento giuridico è però tutto da dimostrare: il Presidente eletto è, o no, “impedito permanentemente” ai sensi e per gli effetti della Costituzione? Da un lato, si afferma l’impedimento perché Maduro non avrebbe prestato il giuramento davanti all’Assemblea Nazionale. Dall’altro lato, si rivendicano gli esiti delle elezioni presidenziali (sia pur contestate) e il giuramento che Maduro ha prestato davanti al Tribunale Supremo di Giustizia: non era infatti possibile giurare davanti all’Assemblea Nazionale perché irregolare, non avendo dato esecuzione a una sentenza del Tribunale Supremo in materia elettorale.
L’art. 233 di quella Costituzione prevede anche un’altra ipotesi d’impedimento del Presidente: la “revoca popolare del suo mandato”, che pare essere anche l’unica che non prevede un previo accertamento giudiziario o istituzionale della causa di impedimento.
Ora, se questo conflitto fosse tra due privati che si contendono un diritto, la risoluzione dello stesso sarebbe affidata a un giudice. Nel nostro caso, però, la controversia riguarda l’individuazione di chi sia il legittimo Presidente di uno Stato: esistono in Venezuela i meccanismi per accertare i presupposti di una tesi o vi sono soltanto opinioni politiche?
Ogni ordinamento ha un sistema che può decidere nelle crisi istituzionali e quindi della legittimità di uno piuttosto che dell’altro: in questo caso, si applicheranno soltanto le norme giuridiche nazionali. A questo punto la domanda è se siamo in presenza di una vicenda meramente interna – che cioè solo gli organi del Venezuela devono risolvere – o di una che può avere anche rilievo internazionale il quale, direttamente o indirettamente, può essere chiamato a risolvere la controversia.
Il diritto internazionale
Dal punto di vista del diritto internazionale, la circostanza che il Governo di uno Stato sia o meno legittimo in relazione al diritto interno potrebbe anche non sussistere: secondo la comune opinione, infatti, un Governo non deve necessariamente essere legittimo secondo il diritto interno di quello Stato per essere riconosciuto, potendo anche derivare (per ipotesi) da un golpe o da uno stato di fatto come una guerra. Tuttavia, una crisi istituzionale interna può assumere rilievo internazionale laddove la stessa possa minacciare la pace e la sicurezza altrui.
È questa la formula scelta dalle Nazioni Unite, che può chiamare il Consiglio di Sicurezza a una presa di posizione individuando anche quale sia il soggetto che “legittimamente” pretende la rappresentanza dello Stato, come già accadde nel 2008 con la condanna del colpo di stato in Mauritania nonostante le ragioni di chi riteneva il Presidente eletto sfiduciato dal popolo.
In questo momento, la situazione è in evoluzione: lo scorso 26 gennaio il Consiglio di Sicurezza, su richiesta degli Stati Uniti, si è riunito d’urgenza per discutere. A seguito dell’opposizione della Russia – secondo cui non vi è alcuna minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale – si è deciso a maggioranza di occuparsi della situazione senza, però, che sia stata adottata alcuna risoluzione (respinta da 17 paesi).
Nel frattempo, il ruolo della comunità internazionale ha ancora spazi d’intervento giuridico per veicolare messaggi politici: poiché uno Stato opera nella comunità internazionale tramite i propri rappresentanti diplomatici, Guaidò ha nominato l’ambasciatore presso l’Organizzazione degli Stati Americani che, però, non potrà al momento assumere alcun ruolo dal momento che per “prendere il posto” del rappresentante di Maduro occorre una deliberazione a maggioranza qualificata dell’Assemblea.
Esiste infine un’altra via “giudiziaria”: l’8 febbraio 2018 il procuratore della Corte Penale Internazionale ha avviato un esame preliminare sulla situazione in Venezuela, sulla base delle denunce ricevute da ONG e singoli individui, che lamentano l’esistenza di crimini contro l’umanità.
Maduro favorito
In questo momento, la situazione dal punto di vista giuridico istituzionale appare più favorevole a Maduro: nonostante il Gruppo di Lima, il Presidente eletto ha infatti mantenuto la rappresentanza all’OSA e, soprattutto, ha ottenuto il non intervento dell’ONU nonostante la richiesta dagli USA.
Resta, dal punto di vista politico, la divisione tra gli Stati che riconoscono Guaidò – che nel frattempo è indagato in patria per presunte responsabilità nel blackout elettrico che ha coinvolto il paese – e quelli che riconoscono Maduro, con Messico e Uruguay che si propongono per una mediazione.
Certo è che il Presidente in carica, per apparire legittimo, dovrà poggiare su argomentazioni giuridiche che devono trovare qualche riscontro negli organismi internazionali di risoluzione delle controversie previste dal diritto internazionale come il Consiglio di Sicurezza e la Corte penale internazionale.
Photo: People walk past the National Assembly building in Caracas, on December 7, 2015. Venezuela’s jubilant opposition vowed Monday to drag the oil-rich country out of its economic crisis and free political prisoners after winning control of congress from socialist President Nicolas Maduro. AFP PHOTO/Luis Robayo / AFP / LUIS ROBAYO
Fabio Valerini
Laurea in diritto processuale civile presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa, Diploma di specializzazione in Professioni legali, Dottore di ricerca in «Tutela giurisdizionale dei diritti, imprese, amministrazioni» nell’Università di Roma Tor Vergata. Avvocato, docente.
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