La situazione politica in Venezuela sta diventando esplosiva e rischia di coinvolgere attori di rilevanza globale che hanno interessi geo-strategici che in quel paese possono entrare in rotta di collisione. Il 23 gennaio Juan Guaidó, attuale Presidente dell’Assemblea Nazionale, in occasione di una protesta di piazza contro il governo di Maduro, si autoproclama presidente temporaneo del Venezuela. Un operazione probabilmente concordata con gli stessi Stati Uniti come l’autorevole WSJ ipotizza. Il governo Maduro rompe immediatamente le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti, chiede che i diplomatici americani lascino il paese, ipotizza il complotto americano, ed incita il popolo alla resistenza. Negli scontri di piazza si registrano 14 morti.
Il presidente in carica è appoggiato da Russia, Cina, Turchia, Iran e Siria. L’Europa e il Messico mantengono una posizione più defilata e chiedono dialogo. Mentre USA, Regno Unito, Canada, Francia Germania, Spagna e altri paesi sudamericani tra cui il Brasile e l’Argentina supportano l’autoproclamato Presidente Juan Guaido.
Il Venezuela, oltre ad avere una posizione geografica strategica perché si affaccia sul Golfo del Messico e relativamente vicino agli Stati Uniti, dispone delle più grandi riserve petrolifere del mondo. Queste risorse attirano già da tempo l’attenzione dei grandi player internazionali come Cina, Russia e USA. Questi ultimi sono relativamente interessati alle risorse petrolifere del Venezuela poiché hanno quasi raggiunto l’indipendenza energetica e ne dispongono a sufficienza. Piuttosto per gli USA il valore del Venezuela consiste nella strategicità geografica soprattutto in funzione della sicurezza nazionale. Altrettanto non si può dire per la Cina che, invece, è attratta dalla materie prime e dal petrolio venezuelano. La Russia, invece, è attirata da valutazioni strategico militari ma anche per le produzioni della difesa, mentre l’interesse per l’industria petrolifera venezuelana è dato dal fatto che costituisce la principale risorsa economica del paese.
La Cina ha forti interessi economici in Venezuela, dove ha investito circa 60 miliardi negli ultimi anni nel settore del petrolio e in prestiti per consentire all’economia venezuelana, colpita dalle sanzioni americane, di sopravvivere. Il Venezuela restituisce i debiti pagando con materie prime, petrolio a prezzi bassi, e altri beni. Quando l’industria petrolifera venezuelana ha perso efficienza e ha ridotto la produzione questo ha irritato la Cina, che nonostante gli ingenti investimenti ha visto svanire i suoi investimenti.
La Russia ha investimenti inferiori economicamente a quelli cinesi ma ugualmente importanti che coinvolgono le sue maggiori imprese del settore degli idrocarburi. E’ il primo fornitore di armi del paese sud americano. Il Venezuela è indebitato per circa 3 miliardi di dollari con Mosca per acquisti di armamenti. La Russia ha, come già menzionato, rilevanti interessi geo-strategici. Maduro, secondo diverse voci della stampa internazionale, avrebbe offerto la possibilità a Putin di aprire un base navale in Venezuela. Se la notizia fosse confermata un tale fatto costituirebbe una minaccia diretta per gli USA proprio in un area che ritengono essere il loro cortile di casa. La situazione del Venezuela sarebbe una replica del caso Ukraina in cui, però, le parti sono invertite. La Russia, in questo caso, opera in un area di stretta influenza americana. Insomma per la Russia l’interesse verso il Venezuela sarebbe un modo per cercare di distrarre gli USA dagli attacchi di cui viene fatta oggetto per l’ Ukraina.
A fianco del Venezuela sembrano schierasi le forze che stanno prevalendo in Medio Oriente: Russia, Turchia, Iran più la Cina. L’Iran ha addirittura annunciato che nei prossimi giorni invierà una nave da guerra che si recherà nelle acque dell’Oceano Atlantico proprio in prossimità del Golfo del Messico.
Sempre secondo il senatore Rubio, Maduro ha garantito agli Hezbollah operatività in Venezuela. L’organizzazione già presente in Sud America ( Bolivia) avrebbe così un’altra base per insidiare da vicino gli USA. Questo è uno dei motivi di grande preoccupazione per l’Amministrazione americana unitamente al fatto che la precaria situazione politica-economica e sociale del Venezuela sta destabilizzando anche la Columbia per effetto dei flussi di persone che fuggono dal paese e il traffico di droga che trova un ambiente favorevole. Il Venezuela rischia di trasformarsi in uno stato fallito dando origine ad un processo di destabilizzazione dell’area tanto da minacciare gli stessi USA.
Gli USA, insieme con i paesi che sostengono Guaido stanno operando, questo lo confermano anche autorevoli giornali statunitensi, per un cambio di regime attraverso nuove elezioni. La Russia e la Cina, invece, sostengono la permanenza al potere di Maduro su cui da molto tempo hanno puntato le loro carte e anche rilevanti risorse economiche.
Gli USA stanno facendo pressione sull’ONU al fine di trovare una via di uscita ad una situazione che rischia di avviarsi verso soluzioni pericolose proprio perché collidono interessi differenti e sono presenti minacce reali per alcuni attori in gioco. Gli Stati Uniti al momento costituiscono il principale paese che genera flussi consistenti di valuta estera verso il Venezuela grazie agli acquisti di petrolio che ancora vengono mantenuti in essere. Se dovessero essere sospesi le prospettive economiche del paese diventerebbero tragiche. Fino ad ora, forse consapevoli delle conseguenze che un embargo petrolifero potrebbe avere, gli USA hanno preferito evitare sanzioni.
Ormai siamo in presenza di una grande una catastrofe umanitaria. Perciò non si può che sperare che i maggiori attori coinvolti USA e Russia, insieme con l’Onu, possano a breve trovare soluzioni concordate tali da superare la crisi politica del Venezuela. Essa rischia di introdurre elementi di destabilizzazione anche nei paesi vicini e a livello globale visto il coinvolgimento di player di rilevanza internazionale. Gli intrecci di interessi, americani, russi e cinesi rischiano di far precipitare in un baratro il paese e creare un nuovo incubo per la comunità internazionale.
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