Gli scontri senza precedenti negli ultimi decenni hanno fatto riemergere lo spettro di una guerra totale tra India e Pakistan a causa della “pentola a pressione” pronta ad esplodere in Kashmir. In altre situazioni Islamabad e New Delhi si sono trovate a un passo dalla guerra, stavolta il pericolo di uno scontro tra le due potenze nucleari sembra molto più probabile, ma i segnali fanno pensare che entrambi gli attori vogliano evitarlo.
Il primo ministro Imran Khan ha fatto appello al buon senso e ha offerto all’India di discutere anche di questioni come il terrorismo, anche se resta da provare la reale intenzione di combattere i gruppi islamisti responsabili di attacchi all’India. Al contrario, New Delhi non ha mostrato vere intenzioni di de-escalation. Khan ha disposto il congelamento dei beni dei gruppi armati e degli individui che sono considerati terroristi anche dalle Nazioni Unite. Le autorità del Pakistan hanno annunciato di aver arrestato 44 persone sospettate di far parte di vari gruppi armati sulla scia delle tensioni scatenate dall’attacco suicida avvenuto il 14 febbraio a Pulwama, nel Kashmir indiano, costato la vita a più di 40 paramilitari indiani.
Tra le persone fermate ci sono vari membri di Jaish-e-Mohammed, tra cui due personalità di rilievo: Mufti Abdul Rauf e Hamad Azhar, fratello e figlio del fondatore del gruppo Masood Azhar, in merito al quale però non c’è stato alcun riferimento da parte del Pakistan. Gli arresti servono ad abbassare il livello dello scontro che nelle ultime settimane ha portato alla più grave escalation militare dal 1971, quando i due nemici colpirono obbiettivi posti molto all’interno del territorio del vicino. Non era successo neanche con l’“attacco chirurgico” del 2016, avvenuto dopo l’attentato all’esercito di New Delhi nel campo di Uri.
Secondo l’India, il Pakistan sostiene i gruppi estremisti attivi nel Kashmir compreso Jaish-e-Mohammed, che ha rivendicato l’attentato del 14 febbraio. Abdul Rauf e Hamad Azhar – ha spiegato il Ministro dell’Interno del Pakistan – erano tra i nomi di una lista di sospettai che l’India ha fatto avere alle autorità pakistane attraverso canali diplomatici chiedendo con insistenza misure contro i responsabili della morte dei soldati indiani. Il segretario agli Interni Azam Suleman Khan ha detto che verranno intraprese azioni ulteriori contro i sospettati solo se arriveranno prove decisive da New Delhi. Il ministro ha infatti spiegato che le 44 persone arrestate sono per adesso in custodia e in attesa di essere processate. Già in passato il Pakistan aveva risposto alle pressioni internazionali causate dagli attacchi terroristici con arresti di alto profilo. Era successo proprio con Masood Azhar, arrestato dopo l’attacco del 2001 al Parlamento indiano e costretto agli arresti domiciliari per meno di un anno, prima di essere rilasciato. Hafiz Saeed, fondatore di Lashkar-e-Taiba, il gruppo responsabile degli attacchi del 2008 a Mumbai, a sua volta è stato più volte arrestato e poi liberato.
Il 25 febbraio l’aviazione indiana ha compiuto dei raid contro un ipotetico campo di addestramento di terroristi del gruppo ribelle Jaish-e-Mohammed nella città di Balakot, situata nella provincia pakistana di Khyber Pakhtunkhwa. Il 26 febbraio Islamabad ha reagito con incursioni aeree che hanno abbattuto almeno un caccia nemico nel Kashmir indiano e un pilota indiano è stato catturato. Tali incursioni sono avvenute a cavallo linea di controllo (Loc) che divide la porzione del Kashmir indiano da quella amministrata dal Pakistan. Diversi scontri sono avvenuti tra India e Pakistan nello spazio aereo sopra i confine condiviso.
La nuova crisi è forgiata dalla congiuntura politica e da questo dipende l’innalzamento dell’asticella dello scontro tra i due nemici. Il primo ministro Naredra Modi è intenzionato a ottenere un secondo mandato alle elezioni previste tra aprile e maggio. Il fattore politico ha quindi influenzato la recente crisi con il Pakistan, sia Modi che Khan non vogliono perdere la faccia, ma restano ben coscienti dei rischi. Il neofita della politica Khan doveva uscire dalla situazione di imbarazzo determinata dalla dimostrazione che l’India era stata in grado di colpire il territorio pakistano ed evitare futuri e peggiori attacchi da parte di New Delhi. Per Modi, invece, sarebbe stato impossibile non rispondere all’attacco del 14 febbraio, vista l’attenzione che il partito nazionalista di destra Bjp ha sempre dato al tema della sicurezza. Il Bjp, inoltre, esce sconfitto dalle recenti elezioni locali che hanno segnato una vittoria per l’opposizione. Ecco che il premier ha cercato di cavalcare la tensione con il vicino per non perdere consensi. I partiti di opposizione indiani, in primo luogo il Congress, hanno fatto fronte comune contro Modi accusandolo di fare leva di sul patriottismo per vincere le prossime elezioni generali. Tuttavia, l’accusa a Modi potrebbe trasformarsi in un boomerang per l’opposizione perché attaccare il premier sulla sicurezza distoglie l’attenzione da problemi come la mancanza di lavoro e il malcontento degli agricoltori, questioni base su cui i cittadini hanno espresso il loro parere estromettendo il Bjp dal governo in tre Stati indiani. L’opposizione vede il Bjp e Modi in una posizione di grande vulnerabilità. Per il partito nazionalista indù, sarà difficile gestire la situazione se le affermazioni di aver ucciso un gran numero di militanti islamisti, 250 almeno, dovessero rivelarsi false. Il governo di New Delhi non ha fornito alcuna prova di quanto rivendicato, ora la domanda è se Modi sarà in grado o no di reggere il colpo di un provato fallimento.
Le immagini satellitari non hanno fornito prove dell’attacco lanciato dall’India contro gli obiettivi dei terroristi di Jaish-e-Mohammad. Le immagini satellitari visionate da Reuters mostrano che la scuola per religiosi è ancora in piedi a distanza di giorni da quando l’India ha annunciato di aver colpito il campo di addestramento del gruppo ribelle. Ma per il Pakistan gli indiani hanno abbattuto solo un mucchio di alberi. Le immagini di Planet Labs Inc, di base a San Francisco, mostrano sei edifici ancora intatti. Tutto è sostanzialmente identico a un anno fa: nessun tetto divelto , nessun edificio sventrato, nessun segno di attacco aereo.
Il Pakistan si prepara alla guerra atomica, minaccia l’India ma intanto Khan ha liberato il pilota indiano catturato, un gesto che getta acqua sul fuoco. I rischi restano, in Kashmir India e Pakistan continuano a scambiarsi duri colpi di artiglieria ed entrambi pattugliano i propri confini. Tuttavia, la bomba mantiene l’equilibrio perché nessuno è realmente disposto ad affrontare i rischi connessi a un attacco atomico. Non lo sarebbero neanche Khan e Modi. A conferma di questo assunto, Khan ha sottolineato i pericoli delle armi nucleari in un discorso pubblico tenuto la settimana scorsa, mentre Modi ha attentamente evitato qualsiasi riferimento alle capacità nucleari dell’India.
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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