Colpo di stato dei militari in Zimbabwe. Nel paese dell’Africa orientale – confinante a nord con lo Zambia, a est col Mozambico, a sud con il Sudafrica e a ovest con il Botswana – da martedì 13 novembre i soldati hanno preso il controllo dei palazzi governativi nella capitale Harare. Parlando alla tv di stato ZBC, il portavoce dell’esercito, il generale Sibusiso Moyo, ha dichiarato che il presidente Robert Mugabe è al sicuro sotto la custodia dei militari. Formalmente, l’obiettivo del colpo di mano è stringere la morsa attorno ad alcuni uomini chiave dell’entourage presidenziale, colpevoli secondo le forze armate di aver causato «sofferenze sociali ed economiche» al Paese. «Appena avremo compiuto la nostra missione – ha dichiarato il generale Moyo – la situazione tornerà alla normalità».
Quella dei militari è in realtà una mossa per impedire al novantatreenne Mugabe di farsi succedere alla presidenza, che detiene ininterrottamente dal 1980, dalla moglie Grace Mugabe (41 anni più giovane di lui, riuscita a fuggire secondo diverse fonti), e consegnare la guida del Paese all’ex vice del presidente, Emmerson Mnangagwa.
La rivalità tra il presidente Mugabe e Mnangagwa covava ormai da tempo. Il 6 novembre l’episodio che ha diviso definitivamente in due il partito di governo Zanu-PF (Unione Nazionale Africana di Zimbabwe – Fronte Patriottico): il presidente licenzia Mnangagwa e assegna il ruolo di suo vice alla moglie Grace. Già da un mese, le acque attorno al palazzo presidenziale erano agitate. Grace Mugabe, nel tentativo di infangare l’immagine di Mnangagwa, lo aveva accusato di stare tramando un golpe per assumere il potere. È in questa spaccatura ormai insanabile che si inseriscono adesso i militari.
Quella dei militari è in realtà una mossa per impedire al novantatreenne Mugabe di farsi succedere alla presidenza dalla moglie Grace Mugabe e consegnare la guida del Paese all’ex vicepresidente Emmerson Mnangagwa
Il regista del rovesciamento delle ultime ore è il capo dell’esercito, il generale Constantino Chiwenga, stretto alleato di Mnangagwa. Entrambi sono veterani della guerra civile (1964-1979) nello Zimbabwe (all’epoca chiamato Rhodesia) al termine della quale, nel 1980, il Paese ha ottenuto il riconoscimento internazionale dell’indipendenza dal Regno Unito con Mugabe nominato presidente. Che il fronte politico fedele agli ideali della rivoluzione che spodestò i colonizzatori bianchi sia tutto schierato a favore della destituzione di Mugabe lo dimostrano le parole di Chris Mutsvangwa, leader dei veterani di guerra: «È la fine di un capitolo molto doloroso e triste della storia della nostra giovane nazione, in cui un dittatore, ormai vecchio, ha abbandonato il Paese a una banda di ladri che ruotano attorno a sua moglie».
A guidare il rovesciamento delle ultime ore è il capo dell’esercito, il generale Constantino Chiwenga, stretto alleato di Emmerson Mnangagwa. Entrambi sono veterani della guerra civile che portò all’indipendenza dal Regno Unito
Il generale Chiwenga aveva lasciato presagire che il golpe fosse nell’aria già qualche giorno fa, quando di fronte a 90 alti ufficiali del suo esercito aveva dichiarato: «Quando si tratta di proteggere la nostra rivoluzione, l’esercito non esita a intervenire». E così è stato. Da ieri i punti nevralgici di Harare sono presidiati dai blindati. I soldati sono schierati di fronte al parlamento, alle sedi governative e al quartier generale del partito Zanu-PF. Nel centro della città la situazione appare tranquilla, ma è concreto il rischio che soprattutto a nord della capitale possano scoppiare tumulti. Il perché i militari stiano cercando di far passare questo golpe come un pacifico passaggio del potere tra Mugabe e Mnangagwa lo ha spiegato alla BBC Alex Magaisa, ex consigliere del leader dell’opposizione Morgan Tsvangirai: «Hanno deciso di non definirlo un colpo di stato, perché sanno che un golpe sarebbe condannato dalla comunità internazionale».
Per ora si segnala l’arresto di alcune importanti figure politiche tra cui, secondo l’agenzia di stampa Reuters, il ministro delle Finanze Ignatius Chombo, membro di una fazione del partito di governo guidata da Grace Mugabe, chiamata G-40 e formata dalle nuove leve della formazione di governo. Il foreign office del Regno Unito e l’ambasciata statunitense hanno intimato i loro cittadini che si trovano ad Harare a non uscire di casa. L’evolversi della situazione è seguito con interesse anche dalla Cina, principale partner commerciale dello Zimbabwe. Non è un caso che nei giorni che hanno anticipato il golpe Emmerson Mnangagwa si trovasse proprio qui.
Rocco Bellantone
Caporedattore di Babilon, giornalista professionista, classe 1983. Collabora con le riviste Nigrizia e La Nuova Ecologia di Legambiente. Si occupa di Africa, immigrazione e ambiente.
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